Veduta parziale dell’installazione.

Miracle | Catalogo a cura di Luca Beatrice

Cascia | 19 Settembre 1 Novembre 2009 | Museo Civico Chiesa di S. Antonio

 

Luigi Manciocco costruisce una videoinstallazione site specific per la Chiesa di Sant' Antonio a Cascia (Perugia) dove il titolo Miracle, ben lungi dal voler essere un richiamo alla componente mistica dello spazio ospitante, è meditazione di un significato più contigente. Vicino a una attitudine antropologica - i disastri ambientali e sociali provocati dalle bombe al napalm impiegati nel conflitto in Vietnam, e le nebulose degli ordigni nucleari in generale - il repertorio tematico di Manciocco si può associare alle indagini socio-politiche dell'artista cileno Alfredo Jaar, si pensi all'intervento per l'Hangar Bicocca "It is difficult". L'opera "Miracle" è abitata da un'ulteriore componente meditativa che coinvolge lo spettatore in una dimensione di partecipazione emozionale dove l'empatia con lo spazio si enfatizza per la scelta di oggetti dalla forte valenza simbolica e comunicativa. La contraddizione insita nell'alternarsi di sacro e profano, di artificio e realtà è resa manifesta dall'uso sincopato di temi e oggetti. Da una parte l'inconsistenza materica del video, un susseguirsi di frame incorporei, dall'altra la presenza fisica dei container metallici che convivono con la fragilità estetica delle rose deposte.
Tre contenitori - complice l'iconografia della Crocifissione, ma pensare al monte Golgota appare inevitabile - meglio collocabili in discariche e propriamente usati per trasportare materiali tossici, rifiuti o scorie nucleari, sfidano l'invisibile sacralità dell'ambiente in un'operazione di détournement all'inverso. Al loro interno si raccolgono i pezzi di un racconto in divenire. "Dai damianti non nasce niente, dal letame nascono i fior", cantava Fabrizio De André. 1590 piccole sculture di rose in cera bianca bianca e trasparente sono nascoste all'interno dei due contenitori laterali - forse il prodotto del marciume indifferenziato di fine secolo? - mentre in quello centrale un video riproduce in loop immagini di evanescenti accumulazioni nebulose, dove è ormai chiaro che si tratta di esalazioni tossiche tutt'altro che incantatrici. Artificiale e naturale sfocano nell'invisibile.
Se "offuscare vuol dire rendere indistinto" (Elisabeth Diller) sfocare significa insinuare il dubbio tra l'ovvietà di soggetti ben noti. Manciocco si fa in questo poeta di un messaggio in codice dove gli oggetti che seleziona sono i pezzi del suo puzzle iconico ricostruito attraverso un editing volutamente miope. Ritorna in Manciocco una modalità che dicevamo appartenere a un'estetica di nuova acquisizione: l'installazione dell'artista si aggiunge e si mette a fuoco virando da quell'iniziale ipertrofia visuale e sensoriale mentre si spiega nell'ultima sequenza video - uno still delle rose - che svela il contenuto dei due barili. "Qui è la rosa, qui danza" scrive Hegel nell'ultima parte della Fenomenologia dello Spirito.
Il filosofo della razionalità trova un ricamo poetico per dare forma al tanto complesso concetto di spirito assoluto. Nella semplificazione di una suggestione - la purezza di più di mille rose, tre barili color pece, un video delicato e tragico insieme - si snoda il racconto concettuale di Luigi Manciocco. Antropologo oltre che artista, Manciocco indossa occhiali speciali per osservare e penetrare nella nebbia del reale riuscendo con pochi ed essenziali strumenti a costruire la sua personale iconografia sfidando il trionfo massificato della "civiltà delle immagini".

 

Mostra promossa da ›› www.pointofviewrecords.com | in collaborazione con STUDIO Aí87

 

Dono (2009)

Stucco, stoffa, acrilico e polvere di alabastro su tela.

Veduta parziale dell’installazione.

Le Vide (a Y.K.) (2009)

Spugne naturali, acrilico e colle industriali

su corian. 29x35x9 cm.

Miracle (2009)

Fusti industriali, video, rose in cera bianca.

Osare (2009)

Olio e garza su plexiglass,

rose in cera bianca. 46x58cm.

Fiore di Luna (2009)

Stucco, acrilico, colle industriali,

cristalli di polipropilene. 50x70 cm.

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